Si parla ancora di crisi (o addirittura di fine) del settore immobiliare, com’è prevedibile in un paese che ha sempre confidato nel mattone e che vede sgretolare le sue certezze. Questa volta è l’economista indipendente Eugenio Benetazzo a scrivere un vero e proprio requiescat dal titolo “C’era una volta l’immobile”.

I suoi argomenti sono come sempre molto puntuali e ritengo che meritino un commento, se non altro per dire che, pur condividendo le premesse, continuo a vedere il bicchiere mezzo pieno e anzi mi sento di dire che a maggior ragione l’immobiliare non è morto, sta solo mutando profondamente. A perderci, sarà chi rimarrà ancorato al vecchio modo di fare investimenti e non allargherà il proprio orizzonte dal mercato italiano a quello internazionale.

In estrema sintesi, i motivi per cui l’immobiliare sarebbe morto secondo Benetazzo sono i seguenti.

1. Il mercato è in forte contrazione: le transazioni si sono quasi dimezzate negli ultimi dieci anni, e le previsioni per il futuro sono di una tendenza al ribasso. Solo negli due anni il valore degli immobili è sceso dal 5% al 20%.

2. La crisi economica ha compromesso la disponibilità degli italiani a comprare: è sempre più difficile – se non impossibile – accendere un mutuo, diminuzione del reddito, carico fiscale aggravato dalla famigerata IMU.

3. Sarà sempre meno sensato acquistare una casa per viverci, visto che si cambierà città  più spesso a causa dell’instabilità e della flessibilità del lavoro.

4. Gli immobili costruiti negli anni novanta non potranno competere con quelli di nuova generazione, più efficienti sotto il profilo energetico.

5. Le dismissioni di enti locali e di fondi privati faranno ulteriormente crollare i prezzi.

Ora, tutti questi sono argomenti importanti, da non sottovalutare. Sicuramente, come ho già ripetuto molte volte su questo blog, l’immobile non è più l’investimento sovrano in Italia: dobbiamo guardarci attorno, scoprire le opportunità di nuovi mercati.

Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia. Proprio per gli argomenti citati da Benetazzo, il prezzo degli immobili è sceso e scenderà ancora: ottime possibilità di acquisto si renderanno dunque disponibili. Con una differenza: mentre in passato potevi comprare un immobile qualsiasi  per fare un buon investimento, oggi devi essere molto più selettivo, devi avere un preciso piano strategico in mente.

Infatti, accanto al classico scopo di creare una rendita a lungo termine (compro un immobile e attendo che si apprezzi negli anni), dovremmo anche generare un cash flow, una rendita immediata. E in questo, la minor propensione degli italiani a comprare casa in futuro può essere vista anche come un’opportunità: significa, infatti, che sarà meno vantaggioso comprasi una casa per viverci, ma sarà più redditizio comprarla per affittarla, permettendo quindi ai proprietari di generare una rendita.

Sotto questo aspetto, gli immigrati – che per Benetazzo sono un aggravante al malessere dell’immobiliare-   dovrebbero essere visti invece come un’opportunità in più: gli immigrati, infatti, sono proprio una delle categorie che affittano immobili, perché demonizzarli?

Per quanto riguarda invece l’ultimo punto (il crollo dei prezzi a causa delle dismissioni pubbliche e private), anche in questo caso bisogna guardare al bicchiere mezzo pieno. In Germania, ad esempio, sto trovando delle proposte molto interessanti proprio da fondi privati, avendo la cura di  scegliere sempre le location migliori, i contratti di affitto migliori, gli immobili migliori.

In conclusione, mi sentirei di dire: sì, l’immobiliare di una volta, in cui tutto ciò che acquistavi andava bene, è forse finito per sempre. Ma celebrato un veloce rito funebre, la domanda corretta che dobbiamo porci è: come faccio a produrre profitto in uno scenario di questo tipo? Certo, se in Italia la pressione fiscale rimarrà quella che è – o peggiorerà – sarà comunque meglio rivolgersi ai mercati esteri. Ma se lo scenario in Italia è colorato di fosche tinte, che ne dici di guardare dove i colori splendono di più?